Ci fa piacere riproporre qui un estratto di un’intervista a Monica M. Cavallo, dedicata alle costellazioni familiari e pubblicata sul blog Tutto è bello, di Cinzia Figus.

Bert Hellinger (lo psicanalista che diffuse le costellazioni familiari) sosteneva che i figli non osano avere una vita più piena dei loro genitori per non tradirli, anzi sono così fedeli al padre e alla madre da voler ripetere il loro destino. Dopo tante costellazioni, qual è la tua esperienza a riguardo?

La fedeltà è un vincolo forte e profondo, che chiede di non essere ignorato e combattuto, ma compreso, onorato e diretto verso il bene. Ho incontrato più volte persone che, nonostante il desiderio di laurearsi, di fare carriera o di avere una vita più agiata, non potevano realizzare questi passaggi. Ci sono due tipologie di fedeltà da tenere presenti. La prima si esprime riconoscendo nei propri genitori esempi positivi verso i quali nutriamo amore e rispetto. In virtù di questo amore non possiamo né vogliamo essere meglio di loro, perché questo ci allontanerebbe da loro. Questo vale anche quando i genitori ci hanno fatto soffrire e prendiamo distanza da loro.

La fedeltà continua ad agire e ciò che da una parte giudichiamo, rientra come limite nelle nostre realizzazioni che a volte non si concretizzano oppure lo fanno con grandissima fatica.

Nel primo caso la strada per una soluzione sta nel chiedergli una sorta di autorizzazione per sentirsi liberi di andare, senza il timore che questo andare crei distanza o sofferenza. C’è una piccola frase che aiuta: “caro papà e cara mamma, dedicherò anche a voi il mio successo”.

Il secondo caso di fedeltà è un po’ più complesso. Spesso di fronte a queste prese di distanza ci sono vissuti molto dolorosi, dunque la strada da percorrere richiede una profonda motivazione e disponibilità a lasciar andare i rancori.

 

Hellinger una volta affermò: “Sorridere mentre si parla delle proprie disgrazie è segno di irretimento sistemico. Si è felici quando il proprio destino si compie”. Puoi commentarmi questa affermazione?

Una volta venne da me una donna costretta su una sedia a rotelle. Era accompagnata da persone che volevano aiutarla, per questo erano lì con lei, per vedere se attraverso una costellazione avrebbe potuto stare meglio. Proprio come Hellinger ci ha insegnato, parlava della sua condizione con un sorriso complice. Complice di chi non lo seppi, l’irretimento era evidente ma non vi fu modo di approfondire. Non voleva cambiare questa situazione.

In qualche modo gli irretiti svolgono un compito per il loro sistema, un compito e una condizione che non comprendiamo secondo le nostre comuni logiche, ma che per l’equilibrio del sistema è una funzione importante. Dunque sono fedeli e felici di svolgere un compito importante per il sistema. A questo ci arrendiamo e ci ritiriamo, al massimo possiamo alleggerire un po’ la situazione.

Un’altra volta rappresentai nel corso di una supervisione per terapeuti una giovane donna che aveva subito una violenza sessuale. Era seguita da una brava psicoterapeuta che richiedeva un aiuto in supervisione. Emerse che una zia della cliente aveva vissuto la stessa esperienza in passato, la giovane donna gli era fedele e vicina. Gli sforzi generosi e professionali della terapeuta nulla potevano di fronte al forte richiamo che la giovane sentiva nel legame con la parente e la zia non dava alla giovane il permesso di andare oltre. La giovane non si sentiva male, ma vicina alla famiglia e al legame.

Le parole sono energia potente, vibrazione che apre o chiude, che guarisce o ferisce. Nelle costellazioni familiari le parole esprimono ciò che è vero nel profondo e ciò che è vero di per sé è già cura.

 

Possiamo definire le costellazioni familiari come degli alberi genealogici “viventi”. Ho sempre trovato affascinante e un po’ magico osservare come dei perfetti sconosciuti possano mettere in scena emozioni, legami e conflitti della vita di una famiglia senza saperne nulla. In che modo i partecipanti diventano “canali” del sistema su cui si lavora?

E’ affascinante, ma non magico! Si parla di campi morfogenetici. Un contributo importante in questo senso viene dalle ricerche di Rupert Sheldrake, biologo britannico, con il quale Bert Hellinger conversò a lungo. Sheldrake ha introdotto l’ipotesi che tutti i sistemi esistenti in natura siano guidati e plasmati da campi organizzativi, da lui chiamati campi morfici, che, come una mano invisibile, agiscono attraverso lo spazio e il tempo.

I campi morfici di ogni sistema familiare esercitano la loro influenza su sistemi successivi. Questo è possibile mediante un processo chiamato risonanza morfica secondo cui ogni individuo facente parte di una specie, attinge alla memoria collettiva della specie – o campo morfico della specie – e si sintonizza con i suoi membri passati, a sua volta contribuendo all’ulteriore sviluppo della specie stessa.

Quando un rappresentante viene chiamato a sintonizzarsi nel campo morfico rappresentando una persona specifica, ecco che le informazioni diventano disponibili e il rappresentante, pur non coinvolto personalmente nelle vicende, riesce a riportare con semplicità e precisione, stati d’animo, pensieri e moti fisici. Continua a leggere

 

Monica M. Cavallo è Counselor AssoCounseling, livello Supervisor Counselor e Trainer Counselor (Iscr. N. REG-A2043-2017). Istruttore Senior di Mindfulness è trainer del protocollo MBSR, Mindfulness Based Stress Reduction; è esperta in approccio corporeo, comunicazione e costellazioni familiari sistemiche. È docente della formazione in Counseling Sistemico Relazionale e della formazione per Facilitatore di Costellazioni Familiari e Sistemiche.